Green Talks è un format che si propone di raccontare le storie di startup, imprese virtuose, e personalità che si sono distinte nel campo della sostenibilità ambientale e dell’innovazione digitale.
Per il nostro settimo appuntamento abbiamo scelto di intervistare Paolo Taticchi, professore di Strategy and Sustainability & Deputy Director alla UCL School of Managment e advisor per le strategie di sostenibilità.
Hai lasciato l’Italia nel 2012, cosa credi sia cambiato da allora nel nostro paese e cosa credi manchi?
“Nel corso della mia esperienza in Inghilterra sono entrato a contatto con una realtà molto diversa rispetto a quella italiana. Il mio punto di vista è quello di un osservatore esterno e posso confermare che alcune cose sono cambiate. Nel 2012, quando sono andato via dall’Italia, si respirava un’aria completamente diversa. Gli strascichi della crisi del 2008 avevano lasciato un forte segno in noi italiani e all’epoca in molti, come me, avevano scelto di lasciare il Paese. Basti pensare che a Londra all’epoca arrivavano circa 2500 italiani ogni mese. Negli ultimi anni, avendo avuto la possibilità di collaborare con aziende e istituzioni in tutta Italia, ho potuto notare che siamo entrati in una fase di reazione in cui c’è molta voglia di fare e di cambiamento.
C’è però da considerare che ci sono ancora molti aspetti su cui lavorare: la pubblica amministrazione fa ancora fatica e le tassazioni, in particolare sulle imprese, vanno a creare una pressione fiscale altissima. Un’ultima tematica da non sottovalutare è quella della scarsa meritocrazia che ancora caratterizza molti ambienti italiani: sono ancora molti i giovani bravi e preparati che fanno fatica ad emergere e a raggiungere posizioni importanti.”
Da studente di ingegneria meccanica a Professore e Vice-Preside della UCL School of Management di Londra: raccontaci brevemente il tuo percorso professionale, cosa ha orientato la tua carriera e quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a specializzarti in strategia e sostenibilità di impresa?
“Studiare ingegneria meccanica in Italia mi ha permesso di costruire basi solide: la preparazione delle università italiane è molto riconosciuta in tutto il mondo.
Sono da sempre legato ai temi ambientali, ed infatti in entrambe le tesi, sia per la triennale che per la specialistica, ho sviluppato progetti che guardavano alla fattibilità economico-gestionale di nuove tecnologie green.
Durante il dottorato a New York, ho iniziato a lavorare sul tema della reportistica di sostenibilità e nel 2012 mi sono trasferito a Londra dove ho sviluppato la mia ricerca e didattica in questo ambito.
All’Imperial College Business School sono stato il primo ad avere la cattedra di “management e sostenibilità”, idem all’University College London, dove la mia cattedra è intitolata “Strategia e sostenibilità”.
Negli ultimi anni ho approfondito temi legati alle strategie di sostenibilità per aiutare le aziende in percorsi di trasformazione che abbiano impatti positivi sulla competitività e sul profitto. Oggi, oltre al ruolo di professore, ricopro anche quello di advisor su questi temi di aziende piccole e grandi in vari paesi.
Concentriamoci sulle aziende: credi che il nostro tessuto imprenditoriale (composto intorno al 92% da PMI) possa riuscire, in tempi brevi, ad integrare la sostenibilità all’interno della propria strategia d’impresa?
“Il non riuscirci potrebbe essere un grosso problema per le aziende. La trasformazione sostenibile non è una scelta: chi non è in grado di trasformarsi, avrà seri problemi di competitività e di sopravvivenza nel mercato negli anni a venire.
Negli ultimi anni le tematiche che hanno impattato radicalmente sul modo di fare impresa e di conseguenza le strategie aziendali, in Italia e non solo, sono tre: la trasformazione digitale, la trasformazione sostenibile e la riorganizzazione del business a valle della pandemia Covid19.
Parlando di sostenibilità non si può ignorare che, come tutti i trend di settore, è andata in primis ad influenzare le strategie di mercato delle grandi imprese, in particolar modo quelle B2C. Solo in un secondo momento le piccole e medie imprese sono state investite da questa trasformazione, molto spesso su stimolo/pressione dei grandi clienti.
La trasformazione sostenibile se affrontata bene permette alle PMI di gestire rischi ed esplorare opportunità di business. Muoversi rapidamente è fondamentale.
Come credi che l’adozione degli obiettivi dell’Agenda 2030 possa mutare lo scenario economico dei prossimi anni?
“Gli accordi inerenti alla questione climatica che sono stati sanciti negli ultimi anni permettono a tutti i sistemi politici di muoversi in una direzione comune dalla quale non si torna indietro.
In particolare, l’Accordo di Parigi ha creato una agenda comune fra paesi che in passato avevano seri problemi a dialogare. Un’agenda politica comune e globale permette alle aziende di pianificare il percorso di trasformazione sostenibile.
L’evoluzione che i mercati stanno avendo si traduce in occasione per le imprese. Basti pensare a tutti i capitali messi a disposizione per la sostenibilità dal Recovery Fund.”
In una recente intervista hai affermato – relativamente alla necessità di soluzioni sostenibili per i centri urbani – che è necessario ripensare infrastrutture, mobilità e altri aspetti importanti legati alla riprogettazione delle città”. Credi che l’Europa sia pronta per questo cambiamento? Trovi che i governi abbiano gli strumenti per questo?
“La riprogettazione delle città in chiave sostenibile dovrebbe certamente essere più al centro del dibattito dell’opinione pubblica, essendo una tematica strettamente legata alla qualità delle nostre vite.
In Italia le opportunità ci saranno sicuramente grazie al recovery fund, ma dobbiamo ricordare che il nostro Paese pone anche problematiche di altro tipo: il nostro tessuto urbano è formato prevalentemente da città piccole che hanno esigenze diverse dalle grandi città. Fra quest’ultime, Milano ha interessanti progetti in essere di smart city transformation.
Per riuscire a riprogettare correttamente le nostre città sarà necessario studiare un piano con delle linee guida molto chiare per evitare che ogni piccolo comune possa prendere la propria direzione.
I punti cardine dei progetti di smart city in Italia dovranno essere tre: soluzioni sostenibili, coinvolgimento di tutti gli stakeholders rilevanti e un approccio di natura sistemica. Inoltre, tutti i progetti e processi di innovazione dovranno avere come focus la qualità della vità dei cittadini e fare leva sui dati e le nuove”
Sostenibilità sociale, ambientale ed economica dell’impresa, tematiche chiave nelle strategie di molte aziende…come si può creare valore per le imprese?
“Penso che il fattore comune da cui partire per creare valore sia senza dubbio il capitale umano: investire nella formazione dei propri dipendenti è di fondamentale importanza tanto quanto lo è stare al passo con le nuove tecnologie.
Spesso, le dinamiche di mercato cambiano rapidamente e le aziende non hanno abbastanza tempo a disposizione per assumere e formare nuovo personale.
Per questo motivo, sempre più frequentemente, ci si affida all’uso strategico di esperti e consulenti per arrivare agli obiettivi predisposti nel breve termine, ma bisogna essere attenti a costruire ed avere in-house le competenze di natura strategica che servono ad essere competitivi nel medio-lungo termine.
Non è possibile pensare di portare avanti un’azienda senza lavorare sul proprio capitale umano: esperti e consulenti possono facilitare e velocizzare alcuni processi innovativi e di cambiamento, ma in nessun modo un’impresa potrà ignorare la valorizzazione del proprio personale che rappresenta in tutti i casi il fulcro di ogni realtà industriale.
Un consulente serve semplicemente per arrivare più velocemente alle competenze di cui si ha bisogno.
Purtroppo, parlando di sostenibilità aziendale, in questo campo è facile notare come siano in tanti a saperne poco, e veramente in pochi a saperne molto!”