Il surriscaldamento globale rappresenta da tempo una seria minaccia per l’ambiente e per il panorama socio-economico mondiale.
La temperatura media mondiale, soprattutto nell’ultimo trentennio, è in crescita ed è più alta di quasi un grado rispetto al 1850, anno in cui iniziarono le rilevazioni, e questo fenomeno si traduce in conseguenze spiacevoli per il nostro pianeta come desertificazioni e scioglimento dei ghiacci.
Le attività antropiche che contribuiscono al cambiamento climatico sono le più disparate ma volendo citarne qualcuna è impossibile non parlare dei fenomeni di deforestazione, degli allevamenti intensivi e soprattutto dell’emissione di gas serra: è stato stimato che la CO2 è responsabile del 63% del riscaldamento globale causato dall’uomo.
A tal proposito, il 12 dicembre 2015 ha avuto luogo la COP21 (Climate Change Conference of Parties), evento mondiale che ha visto la partecipazione di ben 197 paesi, che hanno poi sottoscritto l’Accordo di Parigi; il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici.
Si tratta di un impegno comune nella lotta globale al cambiamento climatico e nella gestione degli impatti generati dal surriscaldamento globale. Tutti i paesi firmatari, infatti, condividono l’onere di favorire la limitazione e la mitigazione delle emissioni fino al raggiungimento delle emissioni nulle nella seconda metà di questo secolo.
Con l’Accordo di Parigi è stata prevista anche l’incentivazione all’utilizzo di diverse misure messe a punto dalle istituzioni economico-finanziarie mondiali a favore delle aziende e del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale. Si tratta di obbligazioni, titoli e prestiti che perseguono un simile obiettivo: rendere disponibili strumenti finanziari per sovvenzionare progetti i cui proventi vengono utilizzati a beneficio dell’ambiente e della società.
Tra le quali:
- Climate-aligned bonds: obbligazioni emesse da aziende le cui attività rientrano nei settori che sostengono attivamente la transizione ad un’economia a basso impatto ambientale;
- Social bonds: obbligazioni i cui proventi vengono impiegati esclusivamente per finanziare o rifinanziare, in tutto o in parte, nuovi e/o preesistenti progetti sociali. Esempi di categorie di progetti sono: infrastrutture di base (ad es. strutture per la fornitura di acqua potabile), accesso ai servizi essenziali (ad es. il servizio sanitario), creazione di posti di lavoro anche tramite finanziamenti e micro finanziamenti alle PMI, sicurezza ed igiene alimentare;
- Sustainable bonds: emissioni obbligazionarie i cui proventi vengono utilizzati per finanziare vari progetti o attività ecologiche e sociali. Queste obbligazioni possono essere emesse da società, governi e municipalità. Si tratta di sostegni economici in favore di aziende che vogliono accostare le proprie esigenze di crescita finanziaria a progetti di rinnovamento ambientale e sociale, riduzione della povertà, sviluppo dell’istruzione, miglioramento della sanità, dell’ambiente e delle infrastrutture;
- Green bonds: obbligazioni “verdi” che finanziano progetti o attività nuove o già esistenti che hanno come unico obiettivo quello di ottenere impatti ambientali positivi.
Green Bond: strumenti tangibili di crescita ambientale e finanziaria
Come nascono i Green Bond
Nel 2007 il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto che stabiliva un legame stringente tra le attività umane ed il riscaldamento globale. Riconoscendo il rischio insito nel cambiamento climatico evidenziato proprio nel rapporto, alcune istituzioni, come la SEB bank (gruppo finanziario svedese con sede a Stoccolma), la Banca mondiale e l’associazione di esperti di cambiamento climatico (CICERO, Centre for International Climate and Environmental Research) hanno avviato una collaborazione al fine di definire soluzioni che coinvolgessero attivamente i mercati obbligazionari. È così che, nel biennio 2007-2008 la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca mondiale hanno emesso i primi green bond della storia; questi non rappresentano altro che obbligazioni, ovvero titoli di debito associati al finanziamento di progetti che hanno ricadute positive in termini ambientali.
In Italia la prima obbligazione verde è stata lanciata nel 2014 dalla multiutility emiliana Hera: un decennale da 500 milioni di euro.
Caratteristiche dei Green Bond
Quattro sono le principali caratteristiche che differenziano i green bond dalle obbligazioni tradizionali:
- I progetti da finanziare o rifinanziare sono sottoposti ad un processo di selezione;
- I proventi devono essere vincolati al progetto selezionato; il denaro deve essere depositato su conto vincolato o trasferito in un portafoglio specifico o comunque in ogni caso tracciato dall’emittente;
- deve essere realizzata, almeno una volta all’anno, una rendicontazione dell’utilizzo dei proventi indicando i progetti per cui vengono utilizzati;
- ci deve essere la second opinion, ovvero un revisore esterno deve certificare tutti i documenti e gli obiettivi perseguiti.
A indicare le linee guida per l’emissione dei green bond a livello internazionale è stata l’International Capital Market Association (ICMA), l’associazione internazionale dei mercati di capitali: i Green Bond Principles (GBP) sono appunto le caratteristiche individuate affinché un’obbligazione possa essere definita green. Si tratta, però, di una autoregolamentazione che si sono dati i mercati e pertanto non vi sono sanzioni. La sanzione la dà il mercato nel senso che l’emittente di un green bond, anche negli anni successivi l’emissione, deve rispettare i principi dettati dall’ ICMA; in caso contrario avrà una ricaduta in termini reputazionali che potrebbe danneggiare fortemente l’immagine dell’azienda.
Il rendimento dei “Titoli Verdi”
Sempre più investitori scelgono i Green Bond. Il loro obiettivo, spesso, è chiarire ai propri stakeholder che stanno rendendo più “green” il loro portafoglio investimenti. Il fenomeno è sempre più diffuso, una vasta gamma di investitori sta valutando la possibilità di sostituire parti del loro portafoglio obbligazionario con un’allocazione in Green Bond, perché attratti dal loro profilo di rischio-rendimento, che mostra un andamento negli anni molto interessante. Basti pensare che nel 2019 i Green Bond hanno generato rendimenti del 7,4% rispetto al 6,0% delle obbligazioni ordinarie. I Green Bond, come mostra il grafico, hanno sovraperformato per 3 dei 4 anni presi in considerazione (2016-2019) ed i mercati finanziari hanno aspettative di un andamento sempre in ascesa per i prossimi anni.
Le obbligazioni verdi sono tipicamente emesse da emittenti innovativi e lungimiranti, le cui attività si stanno adattando all’urgenza del cambiamento climatico. Di conseguenza, queste società sono meno esposte ai rischi climatici e più trasparenti nelle loro attività.
Uno sguardo al futuro: la finanza sostenibile
I Green Bond si inseriscono in uno scenario molto più ampio e ricco di opportunità, quello della finanza sostenibile. Con questo termine, si intende l’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile all’attività finanziaria, che ha l’obiettivo di creare valore nel lungo periodo. Il connubio creatosi tra finanza e sostenibilità è molto forte e sembra che stia funzionando in maniera efficace: le aziende che hanno la necessità di raccogliere capitale sul mercato sono sempre più considerate dagli investitori e dai fondi di investimento in base al modo in cui si confrontano con queste tematiche, che riguardano l’impegno verso l’ambiente e l’aspetto sociale.
Gli investimenti sostenibili e responsabili (SRI- Sustainable and Responsible Investment) rappresentano condotte e pratiche proattive al fine del raggiungimento del benessere collettivo e mirano alla creazione di valore per l’investitore e per la società nel suo complesso attraverso una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo. Gradualmente si stanno affermando a livello mondiale, grazie alle molteplici opportunità offerte a investitori istituzionali e retail. Basti pensare che nell’ultimo biennio si è assistito ad una crescita del 34% (contro 25,2% del biennio precedente). La maggioranza di questi si concentra in Europa, che rappresenta il 46% del mercato SRI globale. Seguono gli USA con il 39%.
Questi dati ci forniscono un importante informazione: il mercato è in evoluzione e la finanza sostenibile sembra essere il presente e il futuro dell’economia globale.
Ciò significa che diventerà sempre più importante fornire ai mercati maggiori informazioni sulle implicazioni finanziarie dei rischi climatici basati su dati ed evidenze scientifiche: di conseguenza diventerà di primaria importanza anche il ruolo del consulente finanziario, capace di guidare i propri clienti in investimenti sicuri e coscienti.